Ieri mattina 5 settembre 2025, poco dopo le 11, un incidente mortale sul lavoro ha colpito Persico Dosimo (Cremona), con la morte di Stefano Cristinel Craescu.
Stefano Cristinel Craescu, un operaio di 46 anni, ha perso la vita durante un sopralluogo su un tetto, mentre stava su un abbaino.
La scena, già di per sé drammatica, assume tinte ancora più cupe se si pensa che tutto è accaduto in pochi istanti, in un attimo in cui si è trasformata la vita in un dramma irreparabile.
Sopralluogo installazione fotovoltaico
Camminava in modo apparentemente sicuro, come ogni giorno chi sale su un tetto per lavoro.
L’obiettivo era valutare la fattibilità dell’installazione di pannelli fotovoltaici su una porcilaia: un compito che per molti è routine, ma che quella mattina si è trasformato in una trappola fatale.
Stefano Cristinel Craescu ha poggiato il piede su un abbaino chiuso che, traditore, ha ceduto sotto il suo peso.
L’attimo dopo, la caduta: otto metri, diretti sul cemento freddo.
Non c’è stato nemmeno il tempo di respirare, mentre Stefano Cristinel Craescu spariva dalla vista del collega agricoltore presente, lì per accompagnarlo in un altro sopralluogo.
Lo ha visto camminare, e poi… più nulla. Solo un grido muto di angoscia.
Morte caduta dall’alto
La vittima non era sola, ma l’incidente è stata una condanna inevitabile. L’agricoltore che l’aspettava è rimasto pietrificato: immobilizzati gli occhi, impaziente il cuore.
Il rumore sordo del corpo che colpisce il cemento è un suono che si vorrebbe poter cancellare. In pochi secondi, la quotidianità si è trasformata in dolore puro.
Il 118 è arrivato immediatamente con ambulanza e automedica.
Ma Stefano Cristinel Craescu era già in arresto cardiocircolatorio.
Le manovre di rianimazione sono iniziate subito.
Nulla è stato lasciato al caso: corsa verso il Pronto Soccorso dell’ospedale di Cremona, speranza sospesa tra la vita e la morte.
La lotta per un respiro, poi l’inevitabile addio
Ricoverato in prognosi riservata, Stefano Cristinel Craescu ha affrontato una battaglia titanica.
I medici hanno fatto tutto il possibile. Ma le condizioni si sono aggravate rapidamente e, poco dopo il ricovero, il suo cuore ha smesso di battere.
Sul luogo della tragedia, hanno operato carabinieri delle stazioni di Cremona e Vescovato, insieme al personale tecnico di ATS Valpadana.
Sono iniziate le indagini per ricostruire l’esatta dinamica e valutare eventuali responsabilità.
Quel sopralluogo, quel passo sul tetto, hanno ora un significato diverso: l’ombra della prevenzione mancata, dell’imprevisto ignorato.
Una spirale crescente: morti bianche in aumento
Gli incidenti mortali sul lavoro non sono casi isolati.
Nel 2025, solo nella provincia di Cremona, le vittime sul lavoro sono tante da contare: ben nove, da gennaio a luglio, contro le tre dell’anno precedente.
Un dato che fa rabbrividire, e che impone una riflessione urgente: quanto ancora si può tollerare? Quanto ancora si può rischiare in nome della produttività?
Prevenzione sul lavoro
Serve formazione. Serve sinergia tra lavoratori e datori di lavoro. Ogni sopralluogo, ogni operazione, anche quella apparentemente più semplice, può essere un ingranaggio pericoloso.
Serve prevenzione, serve attenzione, serve cura della vita. Elena Curci, segretaria generale della CGIL di Cremona, sottolinea che “bisogna investire sulla formazione e sulla sinergia… capire che ogni volta che si va anche a fare un sopralluogo il pericolo è dietro l’angolo”. Un invito che pesa come un macigno, ma che è necessario raccogliere.
Cosa si poteva fare
– La fragilità del tetto di una porcilaia può sembrare irrilevante, ma può nascondere insidie invisibili fino a quando il peso non crolla tutto. Un abbaino chiuso, un materiale vecchio, e una routine che tradisce.
– Era un sopralluogo, non un cantiere attivo: il pericolo si annida anche nella normale ispezione, quando la guardia cala.
– L’episodio ricorda che le “morti bianche” non hanno volto; sono silenziose, ma ogni numero è una tragedia personale irrimediabile, una vita interrotta nel culmine del lavoro quotidiano.
Epilogo amaro: una luce spezzata, una domanda che resta
Stefano Cristinel Craescu non tornerà più. È una voce muta tra i morti sul lavoro, un nome che meriterebbe meno statistiche e più abbracci. Ci lascia un invito doloroso a guardare con altri occhi ogni tetto, ogni sopralluogo, ogni gesto che può diventare tragico in un battito di ali.
Se ci sarà davvero cambiamento, inizierà da qui: dal riconoscere che anche la normalità può uccidere, se la sicurezza dorme. È un monito che resta, sospeso nel silenzio di un mattino che avrebbe dovuto essere ordinario, e che invece si è trasformato in tragedia.