Intorno alle 17:45 di questo pomeriggio di ottobre, sulla via Ara di Stanga, nella campagna a sud di Velletri (RM), un tragico incidente stradale ha tolto la vita al giovane Luca Felici, 39 anni. La notizia è rimbalzata subito fra paure, lacrime e interrogativi. Una vita spezzata, un dolore che non trova parole.
Nel silenzio che segue ogni tragedia, le strade parlano — e quella via Ara di Stanga, già ferita da buche, dissesti e segnalazioni mai ascoltate, parla con la voce stanca degli abitanti che ne conoscono ogni rovina.
Molti la chiamano “la trincea”, “la mulattiera” o “quella vergogna”.
Oggi quella strada accoglie l’eco del grido di un ragazzo che non c’è più.
Luca Felici incidente mortale Velletri
Nato nel 1985, Luca Felici abitava nella zona di Velletri con la sua famiglia, stimato e amato, con una rete di affetti che lo circondava. Le sue radici affondano nella casa dei genitori nella zona di Velletri.
Proprio a loro, e a tutti coloro che gli volevano bene, la comunità rivolge un abbraccio raccolto e pieno di lacrime.
Non sappiamo molti dettagli della sua vita privata — ma sappiamo che un uomo di 39 anni è carico di progetti, speranze, sogni. Quando un destino impietoso interviene, tutto questo si tramuta in assenza, in silenzio. Luca Felici, — il suo nome risuona come una litania dolorosa nei pensieri di chi resta.
La dinamica dell’incidente mortale
Secondo le prime ricostruzioni, la motocicletta con a bordo Luca Felici ha avuto un incidente stradale mortale (con un’autovettura, una citroen) lungo quel tratto di strada dissestata, precipitando in un punto in cui il manto stradale è segnato da rattoppi, avvallamenti e irregolarità.
Via Ara di Stanga non è un’arteria principale: è una strada non sempre in buone condizioni.
In molti segnalarono già mesi fa lo stato di abbandono della via. Il Comune era stato avvisato ripetutamente, ma nulla pare sia cambiato.
Alcuni automobilisti l’hanno percorsa definendola una “cicatrice sul corpo antico di Velletri”.
La perdita di controllo potrebbe essere stata favorita da una buca nascosta, da un cedimento dell’asfalto o dall’improvvisa carreggiata sdrucciolevole. Quando l’auto ha sbandato o è uscita dalla traiettoria, non c’è stato tempo per reagire. L’impatto è stato letale.
I soccorsi sono arrivati in breve tempo, ma per Luca Felici non c’era niente da fare. Sul posto i sanitari del 118, le Forze dell’Ordine e i Vigili del Fuoco hanno operato rapidissimo — ma l’atto finale della vita era già compiuto.
Il silenzio dei numeri e l’urlo del dolore
Quando una persona muore così, non è solo un dato statistico. È un intero mondo che si chiude. Le condoglianze si moltiplicano. Le persone portano mazzi di fiori, parole di conforto, silenzi pesanti.
Curiosamente, quel tratto di via Ara di Stanga era già al centro di polemiche e proteste: i cittadini lamentavano dissesti, incuria, pericoli evidenti. Le amministrazioni locali erano state sollecitate ad intervenire, a rifare l’asfalto, a rendere la strada finalmente sicura. Ma sembra che le richieste siano rimaste inascoltate.
Oggi quei rattoppi, quelle crepe, quelle avvallature, che molti ignoravano, rivelano la loro pericolosità in tutta la sua drammaticità. E mentre qualcuno chiedeva manutenzione, la vita chiedeva attenzione.
Velletri non è nuova a tragedie su strade dimenticate. La campagna, con le sue curve improvvise e gli scoli d’acqua, ha già reclamato altre vittime. Ma ogni volta che accade, la memoria del dramma deve essere alimentata affinché non si ripeta.
Interessante che la via Ara di Stanga corra parallela all’Appia, ma non ne ha la dignità né la manutenzione. È una via secondaria che però vive storie primarie: persone, famiglie, tragedie.
Il fatto che la comunità locale avesse già soprannominato la via come “la trincea” o “la mulattiera” è emblema del dramma non solo infrastrutturale, ma umano: una strada che porta ferite, se non viene curata.
Il dolore al tramonto, quando Luca Felici percorreva quella strada, si è trasformato in tragedia. E ora si trasforma in memoria, in impegno, se non vogliamo che altri nomi si aggiungano a questa lunga, tremenda lista.
La memoria che dovrà restare viva
Una morte così lascia un segno profondo. Non sarà sufficiente un comunicato, una lapide, qualche fiore. Ci vorrà un impegno, delle decisioni, delle risposte.
E ai familiari va la solidarietà non di un giorno, non di un titolo, ma di un sostegno che resti. Le parole “mi dispiace” contengono un eco di impotenza. Serve qualcosa di più concreto: ascolto, attenzione, giustizia per chi non c’è più.